MANLIO TUMMOLO - UN INASCOLTATO


Il Gruppo Promotore dell’ UNIONE POLITICO-SOCIALE DEI CONTRIBUENTI .

Nel settembre 1997, uscito dall’Associazione Nazionale Contribuenti per alcune divergenze sulla strategia di breve e lungo termine nei confronti del problema fiscale e delle problematiche umane ad esso collegate, Manlio Tummolo costituisce con l’ingegner Sergio Gregorat e la ragioniera Franca Zuliani il Gruppo Promotore dell’U.P.S.CO., rimasto tuttora tale a causa dell’indifferenza generale (si ama molto lamentarsi dei costi e della complicazione del sistema fiscale, ma ci si guarda bene dall’organizzarsi per agire contro tale sistema ed operarne la modificazione…), malgrado per anni la rivista di annunci “Il Mercatino” di Trieste e Gorizia avesse ospitato, sulla propria rubrica “L’Indice” ogni settimana lunghi articoli scritti dal Tummolo sulla politica fiscale e su altri temi politici. Il Gruppo Promotore U.P.S.CO. ha potuto, quindi, operare molto limitatamente, data la totale assenza di mezzi adeguati all’obiettivo, tuttavia si è occupato di molte tematiche, in quanto è facile dimostrare che, poiché ogni settore è finanziato dal pubblico denaro, la questione fiscale entra in ciascun problema in modo fondamentale .

L’Unione Politico-Sociale dei Contribuenti vuol rappresentare idealmente le decine di milioni di contribuenti, particolarmente italiani, o le centinaia di milioni di contribuenti europei di mediocre o bassa condizione economica (con reddito mensile netto non superiore ai 2.000 – 3.000 €, allo stato attuale), lavoratori dipendenti pubblici e privati, nonché piccoli e modesti artigiani strangolati da un sistema fiscale parassitario e spropositato: questi contribuenti sono i più colpiti da una politica liberistica plutocratica che vuol ritornare a forme superate di sfruttamento del lavoro .

Secondo il Gruppo Promotore U.P.S.CO., il sistema fiscale, sanamente inteso, va paragonato alla circolazione del sangue o al classico ciclo dell’acqua, ed è fondato sull’evidente principio del “do ut des”, ovvero sulla reciprocità tra il dare e l’avere. Ogni cittadino, per avere qualcosa dallo Stato, deve dare, ma questo dare è correlativo al ricevere dallo Stato una certa serie di servizi. Lo Stato può dunque esigere il versamento delle imposte a condizione che ciò sia nella sola prospettiva delle esigenze e delle utilità del cittadino. Secondo il motto latino prescelto nel logo, si dice “Tributa, a civibus data, pro civibus sunt” (i tributi, dati dai cittadini, sono a favore degli stessi cittadini). Per ottenere un corretto rapporto fra cittadini e Stato ( o, meglio, i suoi dirigenti e responsabili delegati allo scopo), occorre che un sistema fiscale non superi le capacità di ricchezza generale (del popolo nel suo complesso) e particolare (del singolo individuo, o gruppo); che esso non preveda procedure di complessità sproporzionata agli effettivi introiti del singolo; che l’uso di tali emolumenti sia a favore esclusivo della collettività dei contribuenti (singolarmente o complessivamente intesi) .

Spesso si parla, e perlopiù a sproposito, di evasione fiscale, trascurando invece l’aspetto ben più pressante per i contribuenti dell’invasione fiscale. L’evasione fiscale non può mai essere totale, se si pensa a quanto si è comunque costretti a pagare in forma indiretta, soprattutto sui prodotti energetici, che supera di 2 – 3 volte il valore del prodotto finito, mentre al massimo le imposte indirette dovrebbero raggiungere il 50 % del costo di un prodotto finito smerciato al pubblico, per non condizionare negativamente l’economia. Si ha invasione fiscale ogni qualvolta il volume generale delle imposte non tiene conto del livello di economia generale; quando il volume complessivo per individui, famiglie e gruppi supera in percentuale il valore effettivo dei redditi; quando l’esazione fiscale avviene con procedure che richiedono l’impiego di specialisti pur in presenza di redditi medi e bassi, il che implica - per conseguenza - un’ulteriore riduzione del reddito reale; quando l’uso delle entrate percepite dallo Stato o da enti pubblici non è indirizzato alle esigenze ed alla utilità dei contribuenti e cittadini, ma al puro spreco, al vantaggio di pochi, al vantaggio di non appartenenti alla cittadinanza di quello Stato .

Riguardo al debito pubblico, il Gruppo Promotore dell’U.P.S.CO. ritiene che esso sia il residuo di una mentalità finanziaria arcaica, quando i sovrani dovevano procurarsi denaro chiedendo prestiti a singoli privati, e finivano - soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento - per non pagarli. Lo Stato moderno che, avendo creato un sistema fiscale abbastanza efficiente (ma non necessariamente giusto od equo), avrebbe potuto cessare con la tradizione debitoria, sostituendola con un sistema di pubblico credito, non si è, invece, dimostrato capace neppure di creare una propria Banca statale di erogazione, che avrebbe potuto costituire la fonte di tale credito (a parte poche insufficienti istituzioni, come la Cassa depositi e prestiti), ignorando che le Banche, più che con i depositi, si arricchiscono proprio con i prestiti offerti ed i relativi interessi. Ora, ad esempio in Italia, una dissennata politica finanziaria ha fatto sì che lo Stato si indebitasse paurosamente, a tal punto che, senza la trista operazione dell’euro (che ha rappresentato di fatto per gli Italiani la paurosa svalutazione del 50 % dell’unità monetaria vigente, tra il 2001 ed il 2002, dopo che, nel biennio 1993/ 94 si sono avute due svalutazioni della lira), non è improbabile che fosse sull’orlo della bancarotta. L’adozione dell’euro ha salvato la finanza statale e dei ricchi, colpendo però sanguinosamente i poveri, ovvero coloro che hanno introiti fissi e non superiori ad una certa somma (ad esempio, 2.000 euro mensili al netto di ogni spesa fiscale diretta ed assistenziale-previdenziale). Appare abbastanza semplice determinare che il valore effettivo dell’unità monetaria nominale adottata in Italia, indifferentemente se calcolata come lira o come euro, nel corso di nove anni - il 1993 ed il 2002 - si è ridotto ad un terzo circa: in sostanza, con 100 lire o con 100 euro si compra un terzo di quanto si poteva comprare 9 anni fa, mentre un maggior reddito nominale ha recuperato solo una parte irrisoria di tale valore .

Il “Progetto Editoriale Tages” .

Questo progetto mira alla pubblicazione o ristampa, almeno nella fase iniziale, delle opere edite ed inedite di Manlio Tummolo, del padre Giovanni, del nonno Vincenzo, e del bisnonno materno Leopoldo Furlanetto. In Italia, infatti, non esiste propriamente una libertà di stampa, quanto la libertà di “stumpa”, ovvero quella degli errori di stampa. Tutta la legislazione sulla stampa, sui diritti d’autore, risente ancora della dittatura fascista, e prima ancora delle restrizioni autoritarie della monarchia assoluta e costituzional-liberale. Il colpo di grazia, tuttavia, è dato dagli attuali altissimi costi della stampa (malgrado le molteplici soluzioni tecniche attuali riducano il costo materiale e obiettivo di pubblicazione), che sono riusciti in gran parte in questi decenni di pseudo-democrazia dove le più feroci restrizioni normative non erano riuscite: a ridurre al minimo la capacità economica di persone non ricche di pubblicare a proprie spese e a proprio nome, e quindi godendone tutti i benefici, le proprie opere, costringendole a rivolgersi ad editori i quali sono i veri beneficiari, in caso di successo dei risultati in caso di successo letterario, o viceversa, se non interessati, a lasciar morire un’opera senza la soddisfazione di aver visto esposta nelle librerie e venduta neppure una copia .

L’intento è dunque di poter diffondere direttamente le opere di scrittori poco celebri, ma certo non di infimo valore, se pure dopo decenni alcune di esse sono vendute senza che però tuttavia gli eredi legittimi, o nel caso stesso del Tummolo, possano godere di quanto dovuto per legge per la vendita in forme semiclandestine di tali testi. La costituzione del “Progetto Editoriale Tages” è dunque anche una formale diffida a chi abusi degli eventuali introiti derivati da queste vendite, senza informarne gli eredi o l’autore stesso.
Sono già state iniziate, altresì, le prime prese di posizione nei confronti della Libreria Goliardica Editrice di Trieste, la quale, col pretesto di trasformazioni societarie o altro, si rifiuta di risarcire i danni al diritto d'autore conseguenti alla sua discutibile inerzia nella diffusione di due opere pubblicate a spese del Tummolo, ma con tipografia della Casa Editrice in questione .
Per l’attuazione di tale Progetto e l’applicazione di ogni tutela dei diritti morali e materiali d’autore è necessaria, come imposto dalle leggi sulla stampa, l’iscrizione alla Camera di commercio ed alla Società Italiana Autori ed Editori, come sarà fatto non appena possibile .

Per ora, chi fosse interessato alle copie di testi ancora disponibili di Manlio Tummolo e di Giovanni Tummolo (di lui sono ancora disponibili copie del romanzo “Luce Sepolta” e del saggio del 1934 “Misticateismo - politica religiosa dell’Era nuova”), è pregato di contattare il prof. Manlio Tummolo.
    
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